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Pagina 84 - Poletti, Erdogan e i candidati sindaco del PD






Il Poletti uno e due.

La storia politica e personale del ministro.


Il ministro per il lavoro Poletti, Giuliano Poletti ha compiuto da pochi giorni 64 anni. È nato, infatti, il 19 novembre del 1951 in una frazione di Imola (Spazzate Sassatelli), nella provincia di Bologna, in una famiglia di tradizione contadina. Tradizione che Poletti prova a portare avanti: si diploma, infatti, perito agrario a Imola. La vera passione di Poletti, però, non è l’agraria ma la politica. Iscritto al Partito comunista italiano, a 25 anni (dal 1976 al 1979) è assessore comunale all’Agricoltura e alle Attività produttive di Imola. Il primo «balzo» politico arriva negli anni ’80: dal 1982 al 1989 è segretario imolese del Pci. Con la nascita del Partito democratico della sinistra, Poletti entra nel Consiglio della Provincia di Bologna. Quella del Pds è l’ultima tessera di partito di Poletti: da allora non si è più iscritto ad alcun partito e oggi è un «indipendente».Messe nel cassetto le tessere di partito, Poletti si tuffa anima e corpo nella cooperazione: dal 1992 al 2000 è presidente di Efeso, l’ente di formazione della Legacoop in Emilia Romagna; poi, in un crescendo, diventa presidente della Legacoop di Imola, presidente della Legacoop regionale Emilia Romagna e vicepresidente Legacoop Nazionale e, quindi, nel 2002, presidente di Legacoop nazionale. Nel 2013, poi, viene eletto presidente dell’Alleanza delle cooperative italiane. Poletti si considera un allievo di Marco Biagi, il giuslavorista ucciso dalle Brigate Rosse il 19 marzo del 2002: «Ci siamo frequentati e abbiamo lavorato insieme, per me era un caro amico. E ancora oggi — sottolinea spesso Poletti — è un punto di riferimento, le sue idee hanno trovato una conferma storica».Poletti è un renziano della prima ora, alle primarie del 2012 al corregionale Pierluigi Bersani preferisce l’astro nascente della politica italiana Matteo Renzi. Giuliano Poletti è ministro del Lavoro e delle politiche sociali del governo Renzi dal febbraio del 2014. Una volta arrivato al governo, il premier Matteo Renzi e i suoi ministri si pongono tra i principali obiettivi il Jobs Act, dividendolo in due provvedimenti: il decreto legge 20 marzo 2014, n. 34 (noto proprio come «decreto Poletti») e la legge 10 dicembre 2014, n. 183. La novità più importante della riforma è il contratto a tutele crescenti, un nuovo tipo di contratto per i nuovi assunti a tempo indeterminato che prevede una serie di garanzie destinate ad aumentare man mano che passa il tempo. Poletti, avvalendosi di fondi dell’Unione europea ha varato il pacchetto di provvedimenti Garanzia giovani.



«Prendere 110 e lode a 28 anni non serve a un fico, è meglio prendere 97 a 21». Lo scorso 26 novembre il ministro del lavoro Giuliano Poletti non ha usato perifrasi per dire come la pensa sui percorsi universitari dei giovani italiani. Incontrando gli studenti al salone «Job&Orienta» della Fiera di Verona ha messo in chiaro che il mercato del lavoro non aspetta sempre chi si laurea a 30 anni. Interrompere gli studi universitari è stata una scelta pesante ma il lavoro può dare più della laurea. Così il ministro del Lavoro Giuliano Poletti, replica a quanti, a seguito del suo intervento al «Job&Orienta» di Verona, hanno ironizzato sul fatto che non è laureato. «Informo gli interessati che ho lavorato fino dall’infanzia, anche durante gli studi, e che ho interrotto l’università, dopo avere sostenuto venti esami studiando di notte - riferisce il ministro in una nota -. All’arrivo del secondo figlio ho scelto di dedicarmi al mio lavoro e alla mia famiglia. Una scelta che mi è pesata ma che sono felice di aver fatto perché mi ha dato molto più di una laurea».
Poletti due sugli orari di lavoro.
«Dovremo immaginare un contratto di lavoro che non abbia come unico riferimento l’ora di lavoro ma la misura dell’apporto dell’opera. L’ora/lavoro è un attrezzo vecchio che non permette l’innovazione»: dopo la frase lanciata ieri sugli universitari che si laureano tardi pur di conquistare un buon voto, il ministro del Lavoro Giuliano Poletti «ricasca» nella provocazione. Lo fa parlando agli studenti della Luiss in occasione di un convegno sui temi del Jobs acts, ma il suo invito- rivolto ai ricercatori in platea- è come un ceffone per i sindacati.
Non sono riuscito a trovare i filmati “interi e originali” coi due interventi del ministro sulle lauree e sull’orario di lavoro e quindi mi rifaccio alla carta stampata.

Erdogan va alla guerra contro Putin.

L’aviazione turca ha abbattuto un caccia russo vicino al confine con la Siria. Secondo Ankara l’aereo da guerra sarebbe stato avvertito più volte a causa di ripetuti sconfinamenti nello spazio aereo turco. Il ministero della Difesa russo sostiene invece di avere le prove che il suo caccia sia rimasto all’interno del territorio siriano.
L’incidente è avvenuto la mattina del 24 novembre in una zona montuosa a cavallo fra la provincia siriana di Latakia e quella turca di Hatay. L’area è colpita dai bombardamenti russi da settimane, nel tentativo di far arretrare le milizie ribelli e garantire la sicurezza della costa. Secondo la ricostruzione fornita dalla Turchia, l’aereo russo avrebbe ripetutamente ignorato gli avvertimenti. Due F-16 di Ankara si sarebbero quindi alzati in volo per intercettare e abbattere il velivolo, che l’agenzia russa Interfax ha confermato essere un Sukhoi-24.

Le sanzioni russe alla Turchia.

Dopo alcuni giorni di battaglie verbali Putin-Erdogan il presidente russo Vladimir Putin ha firmato un decreto che impone alla Turchia una serie di sanzioni in risposta all’abbattimento dell’ aereo o. Il decreto riguarda le importazioni russe di beni turchi e le imprese e i lavoratori turchi che si trovano in Russia. Già nei giorni scorsi le autorità russe avevano aumentato i controlli nei confronti delle aziende turche. Non tutte le sanzioni sono già entrate in vigore e il primo ministro russo Dmitry Medvedev ha detto che quando lo saranno potranno anche portare a una restrizione del commercio tra i due paesi. Per il momento, il regime favorevole di cui godevano i cittadini turchi per entrare e lavorare in Russia è stato sospeso e il Guardian scrive che decine di persone sono state arrestate a Krasnodar, nella Russia meridionale, per irregolarità nei visti. Circa 90 mila turchi lavorano in Russia.
Il decreto prevede anche un blocco di tutti i voli charter dalla Russia alla Turchia e il divieto per le agenzie turistiche russe di vendere pacchetti turistici relativi alla Turchia. Questa mossa da sola potrebbe costare alla Turchia diversi miliardi di euro (circa tre milioni di turisti russi hanno visitato la Turchia nel 2014). In questi giorni la Russia ha chiuso anche la linea di comunicazione diretta con cui i due eserciti si comunicavano la posizione dei rispettivi aerei nello spazio aereo della Siria. Oltre a questo c’è il tema energetico dal momento che tra gas, petrolio, centrali nucleari, gasdotti e oleodotti tra Russia e Turchia sono in corso centinaia di miliardi di investimenti che potrebbero rallentare se non saltare del tutto.















Il PD vuole perdere Milano, Roma e Napoli ?
La forza autodistruttiva della compagine dirigente del PD é inarrestabile. La dirigenza del PD renziano, dopo avere sfracellato lorganizzazione del partito, sta organizzandosi per perdere lamministrazione di queste tre grandi città. Gli iscritti, noi iscritti, osserviamo attoniti e incazzati questa operazione di autodafe.
«Avevamo una campagna elettorale già bella e pronta con Giuseppe Sala, grazie al successo dell’Expo, e invece...». Quando si lascia andare con i collaboratori più fidati Matteo Renzi trattiene a stento il fastidio per la situazione che si è venuta a creare a Milano, dove, secondo i suoi piani tutto doveva filare liscio come l’olio. 
Il premier, in un momento delicato come questo, vorrebbe riservare tutte le sue energie sul fronte della situazione internazionale e del terrorismo, ma le contingenze italiane glielo impediscono. C’è Giuliano Pisapia che vuole vederlo insieme alla sua vice Francesca Balzani (e infatti l’incontro si dovrebbe tenere mercoledì). E c’è Sala che, come ha riferito il premier ai collaboratori più fidati, «è pienamente in campo e intende annunciare la sua intenzione di candidarsi a dicembre, dopo la chiusura di tutte le pratiche dell’Expo». Renzi potrebbe vederlo martedì, prima di Pisapia. 
Insomma, se sulle intenzioni di Sala non sembrano esserci più dubbi su quelle del sindaco di Milano invece c’è qualche perplessità. A palazzo Chigi si interrogano sul motivo che lo spinge a puntare su Balzani: «Non è molto conosciuta nemmeno a Milano, ci vuole troppo tempo per preparare la sua candidatura e comunque non è affatto detto che tutti i voti di Pisapia alle elezioni convergerebbero su di lei». Mentre Renzi è convinto che Sala riuscirebbe a strappare consensi anche tra i moderati che la volta scorsa non votarono per il primo cittadino del capoluogo lombardo.

Milano merita Stefano Boeri o Francesca Balzani.
Sala a Milano romperà la coalizione e farà perdere di sicuro il PD.
C’é invece da impegnarsi perché la Balzani ha la  capacità di fare politica e di essere continuità nell’unità della sinistra milanese.
L’apporto di Sala non va però  scartato: può essere un ottimo direttore generale del Comune. Che é poi il mestiere che più o meno bene ha saputo fare all’EXPO.
Poi Milano ha un altro grande concorrente: Stefano Boeri che già fu  concorrente alle primarie da dove uscì vincente Pisapia. Boeri a nostro avviso ha una visione del futuro di Milano di gran lunga vincente anche rispetto alla Balzani e a Sala. A Milano non basta più una generica buona amministrazione stile Pisapia: Milano  deve essere   condotta a  fare  davvero un salto perenne nell’internazionalità.

Roma é perduta.
Roma é persa per il PD. Roma in mano a Tronca e al suo gruppo di burocrati é una sconfitta che si somma allo schiaffone che Renzi  e Orfini hanno mollato agli elettori romani . I quali –coglioni o intelligenti che siano stati nel votare Marino-  stanno ferocemente aspettando per restituirgli la vendetta consegnando il comune ai grillini.
Roma merita Tito Boeri oppure Fabrizio Barca.

La decisione dell’ex Stefano Fassina di scendere in campo e quella di Pippo Civati di candidare Riccardo Magi, neo segretario dei Radicali, sono un ulteriore campanello d’allarme per un partito che appare disorientato. Si cerca un nome forte che faccia dimenticare la gestione caotica di Ignazio Marino (che intanto medita di ricandidarsi) e l’inchiesta Mafia Capitale.
Secondo La Stampa, il nome nuovo su cui punterebbe Renzi è Roberto Giachetti. “Un personaggio fuori dagli schemi: ex radicale, anticonformista ma non troppo, l’armadio privo di scheletri, un lessico diretto e verace, Giachetti a palazzo Chigi viene considerato il più competitivo in un futuro scontro con il candidato dalla lingua veloce e tagliente”.
A quanto pare, Giachetti sarebbe pronto a dire di sì: “Io non vorrei proprio farlo il candidato sindaco. Ma se me lo chiedesse Renzi, come farei a dire di no?” dice lui agli amici. Un passato da esponente dei Radicali, poi l’entrata in Campidoglio come capo di gabinetto del sindaco Francesco Rutelli. Giachetti ricalca in pieno l’uomo nuovo che sta cercando Renzi Il tempo per ovviare ad una scelta è ancora lungo visto il probabile slittamento delle primarie al 20 di marzo. Una scelta dettata dalla volontà di non commettere errori con le candidature dopo i casi Liguria e Veneto.

Napoli riparte ma forse no.

De Magistris e Bassolino. Stiamo con DeMagistris e pensiamo che Bassolino dovrebbe fare una lista per De Magistris.

Il PD deve abituarsi ad accettare che  certe comunità siano governate da soggetti molto speciali coi quali collaborare pur essendo azionista di maggioranza  ma senza per questo essere primattore. I due candidati sindaco e DeLuca debbono fissarsi bene in testa che amministrano per i Campani e non per i loro piccoli ego.

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