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Bombe sull’ospedale: parte
la gara di “disonesty international”
ANNA
LOMBROSO
Le parole
sono come pietre e la verità o quanto meno il tentativo di verità dovrebbe
essere come una montagna che sbarra il passo al contrabbando delle menzogne. Ma
oggi le parole sono sfuggenti, dal significato sempre incerto e la verità è
diventata liquida come uno stagno dove le bugie affondano e risalgono a seconda
delle occasioni. In queste settimane abbiamo visto foto precedenti l’intervento
russo in Siria essere spacciate come effetto dell’attacco dei caccia di Mosca,
mentre una bufala già smascherata due anni fa, le immagini del fotografo Caesar,
che riprendevano presunte vittime del “tiranno Assad” sono tornate sui media
maistream e nella considerazione del potere occidentale.
Anche la
memoria è diventata liquida e dopo un mese, dentro una tempesta di informazioni
che ci colpisce e diventa già solo per questo assoluta disinformazione, anche
le balle più clamorose possono essere recuperate se fa gioco. Lo stagno della
verità è ormai colma di liquami. Ma forse il massimo livello lo si è raggiunto
con Amnesty international, ormai vero e proprio succedaneo del vecchio Usis,
che se ne vien fuori in contemporanea con la denuncia di stupri di
gruppo e di caccia all’uomo a Kunduz, da parte dei talebani. Poco credibile
perché lo stupro non fa per nulla parte della cultura talebana e la denuncia
puzza lontano un miglio: una cosa che potrebbe attagliarsi molto meglio
al signore della guerra uzbeko Dostum, presente anch’egli a Kunduz non
nuovo ai massacri e in un rapporto sempre ambiguo con gli Usa e la Nato.
Comunque
sia, è davvero straordinaria la coincidenza cronometrica fra
la denuncia di Amnesia International e la notizia del bombardamento di
mezz’ora dell’ospedale di Medici senza frontiere, sempre a Kunduz. Un evento
vergognoso, qualcosa che nemmeno Goering avrebbe osato, ma tutt’altro che frutto
di errore visto l’accanimento e la precisione del tiro sul corpo principale
dell’ospedale, un avvertimento nei confronti degli operatori umanitari in
Afganistan. E infatti il contrasto tra la versione Nato, ovvero Usa,
e quella di Kabul rende evidente che non si tratta affatto di una tragica
svista, l’ennesima peraltro che in totale porta a 19 mila vittime ufficiale e
probabilmente a dieci volte tanto quelle reali: la prima come al solito parla
di danni collaterali mentre il governo afgano sostiene che in quell’ospedale
venivano curati anche 10 o 15 terroristi, il che avrebbe di fatto giustificato
l’attacco aereo. Siamo alla follia e all’idiozia, ma tutt’altro che nascoste
visto che già in passato i signori della guerra americani avevano espresso la
loro insofferenza per Emergency e l’aiuto medico umanitario in generale,
cercando di sloggiarlo dal Paese quasi che fossero dei complici del “nemico”.
Certo non ci
si fa bella figura, specie verso le proprie stesse opinioni pubbliche, abituate
a pascersi nella convinzione della loro umanità ed ecco che si aprono i
“giacimenti” informativi creati per fare da contraltare: le false fosse comuni
nei balcani, le ami di distruzione di massa in Iraq, le stragi col gas in
Siria, l’aereo abbattuto in Ucraina, le immagini sospette di fotografi
misteriosi che rispuntano fuori quando Assad viene sostenuto da Putin o i
report di trepidanti associazioni umanitarie a senso unico, persino le
uccisioni girate in studio. Dopotutto i cattivi devono essere sempre gli altri
e per questo esistono ampie complicità. Mai che vengano pubblicati i dati
embedded di fotografie e riprese (parametri di scatto, data, ora e posizione),
mai che si cerchi di operare un qualche controllo, anche di sola
verosimiglianza, sulle notizie che giungono dalle fonti “accreditate” le quali
vengono decretate vere per definizione. Se non accade è perché semplicemente si
fa parte del gioco e non si è spettatori.
Il dubbio
non ha posto nella modernità e anche l’intelligenza non se la passa proprio
bene.
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