LA CRISI DEL PD
Dai,
non ridete. Che faccia ci mette un bergamasco per trattare delle prossime
elezioni amministrative di Torino, Milano, Bologna, Roma e Napoli ? Uno del PD
che vota Renzi ma lo prenderebbe a vergate come consigliano “civilmente” i
cinesi con le mogli ? .
Va
detto con amarezza che il PD –organizzativamente- é allo sbando.
Letta
e Renzi hanno puntato tutto sul governo e il partito é andato a rotoli.
Facendo
finta che i 21 circoli romani su 110 che Barca ha suggerito di chiudere per
indegnità siano la solita (razzista) idea della solita Roma ladrona.
La
casta interna del PD si osserva solo il proprio ombelico: ormai gli iscritti
sono “evocati” ma mai convocati.
Se
gli iscritti parlano li ascoltano con le orecchie aperte: i loro-nostri
discorsi gli (alla casta) entrano dal destro ed escono direttamente dal
sinistro. Purtroppo.
Inaccettabile la posizione di Renzi: “io
mi gioco tutto al referendum istituzionale. Se lo perdo vado a casa. Questo
discorso non vale invece per le amministrative. So che é un percorso in salita,
ma non è che possiamo uscire sconfitti in tutte le città”.
Si
conferma così che il Pd è solo un aggregato elettorale. Si è discusso molto sul
fatto che Renzi è segretario del Pd e nello stesso tempo presidente del
Consiglio. Ma in questo caso al partito avrebbe dovuto esserci, come vice
segretario, non una brava persona come Guerini ma solo modesto portavoce del
segretario e nemmeno Serracchiani, presidente della Regione Friuli Venezia
Giulia, che tutti i giorni è in tv solo per rilasciare dichiarazioni.
È su
questi nodi, sulla questione centrale del “partito-non partito”, che la
minoranza avrebbe dovuto aprire una battaglia campale in tutto il Paese e
chiamare anche la pubblica opinione di centrosinistra a concorrere per
sostenere lo scontro politico. Invece su questi temi si è taciuto e si tace.
Invece
c’è una altissima probabilità che si arrivi a quel tracollo: perderne cinque su
cinque.
La
smacchiatura del giaguaro promessa da Bersani é riuscita solo a metà ed ha
consegnato l’Italia a una serie di governi Bersani-Letta-Renzi, dopo i quali la c.d. sinistra del PD,
avendo intravisto un minimo di ripresa
economica, subito ha deciso di sfruttarla per attuare le millesima
(storicamente) spaccatura del partito. Una, due, tre.
Piero
Fassino a TORINO
A
Torino pare che ci siano meno problemi ma cosa accadrà con la presenza di SI,
di Possibile, con SEL e di quelli di
FassinA non si possono fare previsioni.
Al tavolo per la coalizione del centrosinistra
alle comunali celebrano la solita messa: “Aupichiamo
l'investitura di Fassino come
prossimo candidato di centrosinistra, sostenuto con il più ampio
consenso possibile", parola del segretario regionale del PD. Nome che per
alcuni è già scontato, per altri un po' meno. L'auspicio è che la conferma dei
candidati uscenti avvenga senza il
passaggio dalle primarie per "lavorare sui temi e sulle sfide
future". Mica male come inizio.
Tito e Stefano Boeri a MILANO
A Milano Renzi ha già
detto che per lui il candidato sindaco post
Pisapia sarà Sala. Con la certezza che tutta la sinistra (del PD) non lo
voterà e quindi… boh? Riteniamo un grosso errore proporre Sala perché IL
(maiuscolo) sindaco di Milano non potrà essere soltanto una bravo burocrate in
grado di far girare ONESTAMENTE (maiuscolo…) la macchina amministrativa ma il
sindaco di Milano deve avere idee progetti visioni del FUTURO che sicuramente
mancano del tutto a Sala. Salà al massimo potrebbe essere un bravo direttore
della macchina amministrativa.
Fossi nel PD milanese
punterei su Tito Boeri prima di tutto perché sa coniugare ai massimi livelli
buona politica con buona conoscenza della cosa amministrativa e poi perché é
l’unico nome spendibile per tenere unito TUTTO il centrosinistra milanese e
metropolitano.
Diciamo poi che la
compagine assessorile di Pisapia é anch’essa una gran bella macchina
amministrativa e politica, é giovane e quindi può attendere anche un lustro
prima di salire il gradino superiore.
Il fatto é che Boeri é
visto come il fumo negli occhi da Renzi che lo vede come un concorrente
formidabile alla sua (di Renzi) poltrona.
Tragicomico il
risultato dei penta stellati, senza offendere una brava madre di famiglia
“disoccupata”. Una scelta anonima che –per
quel che s’é ascoltato- non ha capito nulla di cosa voglia dire fare il
sindaco di Milano. Appare evidente che
trattasi di un movimento che non vuole vincere e governare la città
metropolitana di Milano.
Elisabetta Gualmini a BOLOGNA
Virginio Merola, sindaco uscente di Bologna, sarà
il candidato del Partito
democratico alle
prossime elezioni comunali del 2016. Dopo mugugni, frecciate e attacchi
arrivate soprattutto da dentro il Pd, dopo essere stato addirittura sottoposto
a un sondaggio sulla sua popolarità e sulle sue chance di vincere, Merola ha
ottenuto il beneplacito dell’apparato democratico, che giovedì 30 luglio in una
assemblea cittadina lo ha re-incoronato.
Merola però non soddisfa granche e non é considerato un outsider: si
potrebbe definire l’attuale, un
governo del non-progetto, intendendosi per questo l’assenza di
una visione e di una strategia che proiettino la città nel futuro; ora si
affacciano alcuni circoscritti progetti..
Dubbi quindi anche sul segno di Bologna. La città rossa rischia di sbiadirsi. Tutti i parlamentari
emiliani sono netti: "Con Virginio Merola stavolta andiamo a
sbattere". L’attuale sindaco ha rotto a sinistra e dentro il suo partito,
il Pd, non convince più. Viene considerato un "sopportato",
"debole". Il sostituto di cui si è parlato in queste settimane è l’attuale
rettore dell’università, Dionigi. Ma la vera carta segreta su cui Palazzo Chigi
vuole scommettere è un’altra: Elisabetta Gualmini, politologa con una certa
esperienza amministrativa, è vicepresidente della regione Emilia Romagna e
assessore alle Politiche sociali.
Fabrizio Barca a ROMA
La Capitale rappresenta per il PD la questione più intricata. "Lì –
ragionano ai piano alti di Largo del Nazareno – partiamo battuti. Dobbiamo
recuperare". Molto, ovviamente, dipenderà da chi sarà il candidato del
Movimento 5Stelle. Ma alcuni punti fermi sono stati già piantati. "Chi
scenderà in campo – è il ragionamento – deve essere romano, preferibilmente un
nostro uomo e deve essere un politico". Ossia, niente esterni. Né Cantone,
né Sabella. Né Gabrielli, ne Tronca né alcuno dei “tecnici” di cui si è
parlato. A Largo del Nazareno, allora, iniziano a sgranare il rosario dei
possibili candidati. C’è il ministro Madia. Ma non è considerata adatta al tipo
di battaglia campale nella quale si trasformerà il Campidoglio. C’è il vicepresidente
della Camera Giachetti. "Può arrivare al ballottaggio. Ma poi?".
Roma come Milano ha bisogno di due importanti figure:
un sindaco sognatore del futuro possibile e un dirigente ottimo e onesto
organizzatore. Aggiungiamo che il PD romano é del tutto privo di figure
destinate agli assessorati in numero sufficiente. Forse ne ha 3-4 (
Sabelli, Esposito, Scozzese )e ne mancano ancora una dozzina.
Manca però una figura (IL sindaco) che sappia
immaginare il futuro di Roma nei prossimi 15-25 anni.
Manca una figura capace di riorganizzare la macchina
comunale e che sappia gestirla.
Meglio dimenticare un Cantone, un Gabrielli o un Tronca:
bravi e onesti burocrati con alle spalle qualche macchia sgradevole come i funerali di
Casamonica per Gabrielli oppure l’inchino baciamano di Tronca al Papa.
Ma Roma prima ancora che di un sindaco e un consiglio comunale deve decidere
cosa fare da “grande” e probabilmente sarebbe meglio per il suo futuro
dividersi in una serie di comuni legati tra loro dalla città metropolitana
anziché restare il comune più grande (in senso di estensione e popolazione )
d’Italia e in Europa. Ma queste cose non le fa un modesto burocrate di partito
o di stato: occorre una testa fina.
Walter Tocci: bisogna prendere il
toro per le corna, eliminando il vecchio Comune di Roma e azzerando la corrosa
e obsoleta macchina amministrativa capitolina. Via il Comune, dunque, che in un
tempo ragionevole dovrà essere sostituito dalla Regione Capitale con poteri
legislativi sul modello di Washington Dc e il land di Berlino. In pratica Tocci
- che in tutti questi anni ha continuato, da solo, a battere assemblee serali
nei quartieri e nelle municipalizzate – propone di semplificare l’attuale
quadro istituzionale. Al punto che da 4 livelli attuali (Regione Lazio, Area
Metropolitana, Comune di Roma, Municipi) si passi a 2 livelli (Regione
Capitale, comuni metropolitani). Insomma, anche gli attuali 15 municipi
dovrebbero diventare comuni autonomi veri e propri inseriti (con gli altri
comuni della ex provincia di Roma) in una Ragione Capitale che ha poteri
legislativi e di coordinamento degni di un complesso tessuto metropolitano.
A nostro avviso un nome spendibile sia come
progettualità visone e capacità di tenere insieme le mille anime del
centrosinistra e del centro potrebbe essere Fabrizio Barca. Nome del tutto
sgradito a Renzi per lo stesso motivo di Boeri: timore che gli facciano le
scarpe. Anzi: certezza che lo congedino.
Eugenio de Magistris a NAPOLI.
Si arriva a Napoli. "Un buco nero",
sintetizza il ministro dell’Agricoltura. Ma anche il segretario del Pd non è
lontano da questa valutazione. "Cosa succede se si presenta Bassolino?".
In Campania le primarie rischiano di confermarsi un caos per il Pd. Anche se le
previsioni che vengono da Largo del Nazareno fanno quasi tutte riferimento ad
un unico punto cardinale: Vincenzo De Luca. Tra i “big” democratici serpeggia
infatti la convinzione che alla fine scenderà in campo lui con un suo
“campione”. Un timore, ma anche una soluzione.
Un ritorno di Antonio Bassolino quindi ? Bisogna avere onestà intellettuale. Se non si è riusciti a creare ricambi e a trovare un candidato unificante, magari si può avere anche il coraggio di guardarsi indietro. Di Bassolino a Napoli c’é un giudizio netto: buon sindaco pessimo presidente di regione. Tanto l'età non fa la differenza. Il fatto é che Bassolino non sarebbe un valore aggiunto per il centrosinistra perché nel centrosinistra IL problema é tutto nel PD che non si schioda da un 14-15%.
Un ritorno di Antonio Bassolino quindi ? Bisogna avere onestà intellettuale. Se non si è riusciti a creare ricambi e a trovare un candidato unificante, magari si può avere anche il coraggio di guardarsi indietro. Di Bassolino a Napoli c’é un giudizio netto: buon sindaco pessimo presidente di regione. Tanto l'età non fa la differenza. Il fatto é che Bassolino non sarebbe un valore aggiunto per il centrosinistra perché nel centrosinistra IL problema é tutto nel PD che non si schioda da un 14-15%.
Quindi?
Quindi adesso -12 novembre 2015- vediamo
cosa butta l’inchiesta su Mastursi e DeLuca e poi Bassolino, DeLuca e
deMagistris si sfideranno alle primarie. Se il buon Renzi lo vorrà.
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