Vedremo se riesco a piazzarla giusta.
Quando il Corriere, La Stampa, e Il Manifesto pubblicano
la stessa foto in prima pagina , il lettore avvertito capisce che è in corso
un’operazione. Non che la foto non sia straziante; deve esserlo. Il Manifesto quasi ha scoperto il gioco col suo titolo
rivoltante, cinico : “Niente Asilo”. Una battuta ‘di spirito’ – chissà
che risate – sul corpicino, venuta sù come vomito dal peggior rigurgito
romanesco, dimostra che i compagni del Manifesto, quando l’hanno escogitata e
trovata buona, non stavano pensando al piccolo Aylan, o come si chiamava;
stavano pensando a Salvini. E come con quella foto lo stavano inc***do.
Perché quello è il
motivo della foto, dell’operazione: stroncare ogni obiezione politica e
razionale sulla “accoglienza senza limiti”, ogni ragionamento sul perché e sul
come. E mobilitare il sentimentalismo della massa che vive nell’irrealtà
(quella che su Facebook si scambia immagini di gattini), orripilarla, farla
reagire di fronte a questa intrusione della realtà: “Bisogna fare qualcosa!
Subito! Accoglierli!”.
Il più untuoso è stato
il direttore de La Stampa, Mario Calabresi. Ha postato la foto con un commento
in cui raccontava come si è macerato ed ha sofferto: non voleva pubblicarla,
troppo cruda; poi “Ho cambiato idea…E’ l’ultima occasione per vedere se i
governanti europei saranno all’altezza della Storia. E l’occasione per ognuno
di noi di fare i conti con il senso ultimo dell’esistenza”.
Il suo commento è
piaciuto alla cosca di RaiTre, che l’ha chiamato, il Calabresi, a lacrimare
sulla necessità di accogliere. Ebbene: in un’ora, il direttore di uno dei
maggiori giornali italiani, esperto di politica estera e americana, è riuscita
a non dire chi sono i responsabili della tragedia che si è rovesciata sul
popolo siriano. E’ riuscito a non pronunciare mai la parola “Stati Uniti”, a
non dire che i terroristi in guerra contro Assad sono alimentati dai sauditi,
addestrati dagli
americani, e sostenuti
dalla Turchia, e i feriti dell’ISIS, sono curati negli ospedali israeliani.
Una disinformazione
disonorevole, ma evidentemente Calabresi fa’ il suo lavoro per queste
operazioni. Perché il pubblico avvertito – ma non quello di Facebook – deve
capire che foto atroci arrivano ogni giorno ai giornali, dalla Siria:
impiccati, decapitati dai “ribelli anti-Assad”.
Quelle non si
pubblicano, si ha rispetto del vostro stomaco, vi si lascia ad intenerirvi coi
gattini. “Non le possiamo pubblicare”, ha sempre ripetuto Calabresi.
Dunque, il pubblico
avvertito deve intuire che, se “questa” l’hanno pubblicata, è per suscitare un
effetto. Un effetto psichico collettivo, su di voi. Convincervi che “la
politica deve fare qualcosa, subito”.
E infatti la politica,
sulla spinta della vostra emozione sapientemente provocata, “farà qualcosa”.
Era già pronta a fare qualcosa, fra poche settimane il problema dei profughi
sarà affrontato all’ONU…era tutto previsto. Ci mancava la foto che vi avrebbe
fatto accettare quel che hanno già deciso.
Perché non dovete
credere che Calabresi abbia il cuore tenero verso tutti i bambini.
Ha scelto di “non”
pubblicare la foto che vedete qui:
Un bambino di 5 anni,
Raed Mohammed Sari, ucciso mentre giocava sulla spiaggia di Gaza da un aereo
israeliano, senza motivo alcuno, il 16 luglio del 2014.
Come sapete, ce ne sono
a dozzine di foto così da Gaza. Calabresi ha scelto di “non” pubblicarle. Per
non farvi reagire all’orrore che Israele sta commettendo a Gaza, per non farvi
gridare, di pancia, che “bisogna fare qualcosa”.
Dunque, se Calabresi, e
quelli delManifesto dalla battuta odiosa, e quelli del Corriere, hanno
“scelto”, questa volta, di pubblicare quella foto, è perché vogliono esercitare
il ricatto morale contro di voi.
Non vi dicono che cosa
davvero succedere alla povera Siria, da cosa fuggono i siriani. La rete tedesca
Deutsche Welle ha mostrato centinaia di camion carichi di materiali per l’ISIS
in attesa, in lunga fila, nel posto di frontiera turco di Oncupinar, per poi
scaricare i loro rifornimenti al Califfato; basterebbe che la Turchia fosse obbligata
a smettere questo traffico, e la guerra finirebbe. Time Magazine ha raccontato
in un reportage come equalmente Tal Abyad, la cittadina siriana di confine con
la Turchia, era vitale per i rifornimenti dell’ISIS, e come la perdita di
questa cittadina attaccata dai curdi avrebbe ridotto drasticamente la capacità
combattiva dei decapitatori. Era giugno, e la AP vantava che i curdi avanzavano
grazie agli intensi bombardamenti americani contro le posizioni del Califfato…
quando per gli Usa, che hanno la base ad Incirlik in Turchia, non fanno nulla
per tagliare le linee di rifornimento che dalla Turchia partono per il Califfo,
sul confine dove operano commandos Usa e gente della Cia.
Le forze curde e quelle
di Assad stanno sforzandosi entrambe di tagliare le linee di rifornimento del
nemico. Ma sono entrambe limitate da una “zona di sicurezza” che gli Stati
Uniti e i suoi alleati regionali hanno creato in territorio siriano alla
frontiera, e che continuano ad allargare; quando l’armata siriana ha provato ad
attaccare, l’aviazione turca e quella israeliana hanno aggredito le forze
siriane, evidentemente per difendere questi “santuari” creati allo scopo di
proteggere i terroristi jihadisti.
Gli Usa potrebbero
eliminare l’ISIS in un mese – tagliando i rifornimenti – senza nemmeno entrare
con alcuna truppa in territorio siriano. I profughi siriani tornerebbero a casa
loro, l’orrore finirebbe…è vero, noi italiani resteremmo con il problema degli
africani che non fuggono da nessuna guerra, i cui paesi sono in tumultuoso
sviluppo – ma almeno Calabresi avrebbe finalmente fatto qualcosa per la pace –
se avessero detto quel che continuano a tacere. I nomi dei colpevoli, e
l’appello a “fare qualcosa”.
Maurizio Blondet
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